Genovesi di Erice: Cosa sono? perchè si chiamano così? dove mangiarle?
Le genovesi di Erice: dolci tipici del borgo ericino, sono dolci di pasta frolla con all’interno una delicata crema pasticcera e, per finire, una spolverata di zucchero a velo. L’etimologia del nome rimane incerta, l’ipotesi più accreditata sulla sua derivazione riguarderebbe la forma del cappello dei marinai genovesi. Si ricorda infatti che i commerci tra Trapani e Genova erano molto intensi, rendendo plausibile che le famose “genovesi di erice” prendano il nome da questa associazione di immagini.
E’ possibile scoprire tante altre ipotesi sulla questione, solamente parlandone con gli abitanti del posto. Ognuno ovviamente, sceglie di raccontare la versione che più lo affascina. I più romantici sarebbero pronti a scommettere 100 genovesi che il nome derivi dal ricordo di un amore tra l’ericina, creatrice del dolcetto, e un genovese.
Da un punto di vista storico il fatto andò come segue: tra il 1300 ed il 1500 alcune famiglie nobili fecero edificare ad Erice più di trenta chiese, come donazione al primogenito maschio che, come da tradizione, sarebbe diventato prete.
Col passare degli anni ed il conseguente allontanamento da Erice di queste famiglie, molte chiese, oramai chiuse, vennero donate alle suore. Il convento di S. Carlo venne affidato alle monache di clausura che si dedicavano alla preparazione di dolci. Tra questi i “mustazzoli”, dolci di marzapane con confettura di cedro e le “genovesi”. Quando nella seconda metà del 1800 un’apposita legge fece chiudere i conventi, si rischiò di perdere questo tesoro di arte culinaria; patrimonio, fortunatamente, preservato grazie alla curiosità, pazienza e bravura della signora Maria Grammatico.
La signora Grammatico aveva infatti frequentato il monastero durante la sua infanzia, per particolari bisogni familiari. Le monache, non affatto favorevoli a tramandare la loro arte, costrinsero Maria a spiarle per “rubarne” la ricetta. Una volta uscita dal convento si mise a provare e riprovare, cambiando le dosi che aveva visto mettere “ad occhio” – il classico, odioso ed indefinibile q.b. (quanto basta in italiano) o t.t. (to taste in inglese).
E’ così che grazie alla sua perseveranza e al suo coraggio imprenditoriale apre un piccolo laboratorio che la conduce, oggi, a gestire due pasticcerie ed un bar.
Per ulteriori informazioni sul borgo medievale che ha reso possibile la creazione della genovese clicca su “scopri tutto su Erice”
Per cucinare le genovesi di Erice ecco la ricetta.
Gabriella Giambalvo
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